Anno 2004
 
 

Piuttosto stremata dopo la ristrutturazione della casa non lavorai molto quell’ anno.
Decisi di occuparmi un po’ della mia salute. Feci un ampio check-up. Solite cose. Colesterolo alle stelle; alle stelle anche l’HDL, quello “buono”, per intenderci, e così si compensano. D’altronde, quando mi diedero farmaci per abbassarlo mi fecero malissimo. Si vede che in me si è creato un certo equilibrio che è meglio non stuzzicare.

 “Ma lei fuma, signora?” – “Beh, sì, circa un pacchetto al giorno, da più di sessant’anni. Sigarette leggere….”. “ Guardi che dovrebbe…..Come non detto. Continui pure. Veda se le riesce di diminuire un po’…” “Ci proverò…” dico ogni volta con scarsa convinzione.

Decisi di farmi operare di cataratta agli occhi. Era proprio agli inizi, ma contrariamente a quanto si credeva un tempo, oggi pare sia meglio farle subito. Tanto per complicarmi un po’ la vita non lo feci a Roma, ma andai ad Alessandria, dal bravissimo prof. Fioretto, amico di Flavio Gaggero, il mio dentista di Pegli. Come si vede ho tutti i medici a portata di mano. Mi manca un ginecologo a Belluno e poi sono a posto!
Andai ad Alessandria due volte. Per il primo occhio in Aprile, per il secondo in Giugno. Una meraviglia. Adesso uso gli occhiali solo per leggere e per quando lavoro al computer. E i colori del mondo mi appaiono smaltati, freschi, come li vedono i bambini.

Flavio GaggeroNaturalmente non stavo in albergo ad Alessandria, troppo facile!, ma a Genova. E andando e tornando dall’oculista mi fermavo sempre ad abbracciare il mio amato Flavio Gaggero a Pegli.

Flavio è una creatura incredibile. A volte gli telefono verso mezzanotte. E’ ancora lì che lavora. Una volta tolse un dente del giudizio ad Antonia all’una di notte. E non è che lo faccia per avidità di guadagno. Credo sia uno dei rarissimi medici, in Italia, che applica le “tariffe ufficiali”. Gli amici, e sono una legione, li cura gratis. (E ci mette in un bell’imbarazzo!). E cura gratis tutti quelli che non hanno mezzi. Ha una casetta in montagna, a Urbe. Ha attrezzato uno studio nel garage. Quando va a Urbe per un giorno che dovrebbe essere di riposo, il garage si riempie di tutti i montanari e contadini dei dintorni. Lo ricompensano con qualche torta fatta in casa, è golosissimo di dolci, e con tanta gratitudine.

Flavio è un punto fermo nella mia vita. E non solo per le questioni mediche. ”Flavio, non riesco a trovare i biglietti per Beppe Grillo, al Sistina. Dicono che è esaurito.” “Ci penso io. Adesso lo chiamo.” (Anche Beppe è suo paziente da una vita). E i biglietti compaiono come per magìa.“Flavio, avrei deciso di mettere Internet…” “Come fatto. Conosco un pezzo grosso della Telecom. E’ mio paziente…”. Due giorni dopo avevo Internet installato (e di solito ci vogliono mesi).

Anna e ShantyE poi, se dio vuole, è anche pazzo. Un giorno, anni fa, passai a studio da lui con il mio pechinese Shanty. Flavio, naturalmente, adora i cani. Shanty era arruffato e sporco. “Flavio, dove mi consigli di portarlo per la toilette, a Pegli o a Genova?”  “Vieni qui.”  Mi fece strada nel bagnetto dello studio. Ficcò Shanty, troppo stupefatto per protestare, nella vasca e si mise a fargli un vigoroso shampoo. Poi lo asciugò col phon e lo spazzolò con cura.  Shanty, che di solito era una carogna, se ne stava buono buono e si limitava a fissarlo, dardeggiando stupore dai fanali dei suoi occhi. Intanto, in sala d’aspetto, la gente si ammassava. ”Eccomi da voi”, disse Flavio riapparendo dal bagno dopo quasi un’ora con aria angelica, e riprese il suo lavoro.

Nell’ Agosto 2004 cinque incantevoli giorni a Salisburgo per il Festival, con Antonia. Come sto bene con Antonia, quando è dell’umore giusto. E che corrispondenza, fra noi, nei gusti, nelle predilezioni, nelle avversioni.

Vedemmo un Così fan tutte, da uccidere regista e costumista. Erano marito e moglie fra l’altro, quindi lo sterminio sarebbe stato facilitato. Ho volutamente cancellato dalla memoria i loro nomi. Un paio di bei concerti e un incantevole King Arthur di Purcell, direttore d’orchestra Harnoncourt. Io non ero tanto attratta dal titolo. Antonia insistette perché andassimo. Aveva ragione. Era uno spettacolo delizioso, pieno di fantasia , di gusto, di pregevoli invenzioni.

Il 25 settembre 1954 era morto a Torino, durante un intervento chirurgico, mio marito Vitaliano Brancati. In questo 2004  si sarebbe dovuto celebrare in Italia il cinquantenario della morte. I nostri giornali se la cavarono con qualche articoletto di circostanza. Nessuna iniziativa degna di rilievo.

In Germania, invece, fin dall’anno precedente, avevano organizzato un mio tour di letture brancatiane  da tenersi in varie città e Università tedesche  nell’autunno del 2004, per il cinquantenario della morte.

Promotore e deus ex machina di questa iniziativa fu Andrea Piazza, straordinario personaggio, sensibile, colto, bizzarro , dell’Istituto Italiano di Cultura di Monaco. Nel gennaio del 2003 aveva assistito alla mia lettura di “Brancati e la Donna” al Teatro Argentina. Ne era rimasto molto colpito e mi scrisse un’infinità di volte per propormi questo giro tedesco e tenermi al corrente della sua organizzazione.

12 novembre 2004 - Partenza con Antonia per Berlino. Viaggio, albergo, accoglienza, tutto perfetto.

lI 13 lungo giro in macchina per questa Berlino che dopo l’abbattimento del muro è ancora come traballante, alla ricerca di un equilibrio.

Il 14 lunch alla Casa della Letteratura, deliziosa, ma un po’ gelida. Come temperatura, intendo. Insomma faceva un freddo cane.

Dopo questo, in compenso, una delle più forti emozioni della mia vita. Visita al Museo ebraico, architetto Daniel Libeskind (ha concorso ultimamente per la ricostruzione di Ground Zero). Nemmeno una immagine atroce, tipo quelle che vidi a Dachau, ma uscii dal museo totalmente sconvolta. Grandi spazi vuoti e d’improvviso corridoi come cunicoli. Il pavimento è leggermente in salita e le pareti non sono a piombo. Piccole vetrine con innocue fotografie di vecchie famiglie ebree. Poi uno stanzone totalmente buio dove ti aggiri annaspando su un pavimento cosparso di materiali che non vedi , ma che scricchiolano sinistramente sotto i tuoi piedi. Anche il giardino, fuori, è fatto di vialetti tutti fuori squadra, con parallelepipedi di cemento un po’ sbilenchi, con in cima piccole piante di ulivo. Si esce con un senso di nausea e di disperazione, eppure non si è vista una sola immagine di orrore.

Il 15 novembre, mia lettura all’Istituto Italiano di Cultura. Era un po’  diversa da quella di Roma e l’avevo intitolata Viaggio attraverso Brancati.

C’erano più pezzi tratti dalle Moralità, I Piaceri, Ritorno alla censura. La sala era gremita, il pubblico più reattivo che a Roma. Un successone.

Dopo la Lettura, cena all’Ambasciata d’Italia. Ancora quella, ora ripristinata, che fu costruita dal famoso architetto Albert Speer ai tempi del III Reich. Bella, luttuosa e sinistra, com’era l’architettura di quel periodo.

Dopo Berlino andammo a Colonia (riassaporai la vertigine gotica del Duomo), Heidelberg, Germersheim (distaccamento dell’Università di Magonza), Passau, Francoforte, e terminammo a Monaco dove il nostro amico Andrea Piazza ci aspettava trionfante.

Di questo bellissimo Tour , oltre alla cordialità, il calore, la sensibilità del pubblico (all’estero è sempre così, del resto. L’Italia è a teatro il paese più tiepido e moscio del mondo), ricordo soprattutto due cose: la lettura che feci di mattina (!) all’ Università di Germersheim.  Una grande aula per le traduzioni simultanee, gremita di studenti di tutte le nazionalità.  Una trentina di gabbiotti di vetro e dentro dei ragazzi che traducevano in tutte le lingue, compreso il cinese, l’arabo, l’indiano ecc. Ragazzi formidabili. Io leggevo anche un racconto grottesco, Il bacio, con dei precisi effetti comici che mai mi sarei aspettata di ottenere in un paese straniero. Ebbene la risata scattava ogni volta nel punto preciso e , come dire, in tempo reale. Ma come facevano? Ero strabiliata.

Passau tra l'Inn e il DanubioL’altro ricordo è un’emozione “paesaggistica”. Passau. La città è come una penisola  che si prolunga fino a restringersi  sempre più e la punta è un giardinetto e una panchina. Dietro questa panchina confluiscono due grandi, maestosi fiumi: il Danubio e l’Inn. Si abbracciano dietro quella panchina di Passau e corrono insieme verso il lontanissimo mare.

 
 
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