Regie
 
 

Non ho tanta voglia di parlare delle poche regìe che ho fatto, perché non mi sembra che brillino di molta luce nel firmamento delle mie attività. Comunque:

Come prima meglio di prima1983 – Come prima meglio di prima di Pirandello. Perché Ardenzi mi offrì la regìa di questo testo che dovevo interpretare?  Perché ci credeva? Per lusingarmi? Perché non trovò nessuno che accettasse? Per risparmiare il cachet di un regista? E chi lo sa.

Io comunque accettai con gioiosa apprensione. E mi misi a studiare con grande buona volontà.

Lavorai molto sul testo, cercando di sfrondarlo di quegli insopportabili “pirandellismi” di maniera, che ammorbano le scene di passaggio. Pirandello è un autore immenso. E quando scrive le sue grandi scene o le sue grandi battute non potresti cambiargli non dico una parola, ma neanche una virgola. Le sue virgole sono sacre.  Così come i suoi punto e virgola, e le sue lineette, e i suoi puntini.

Invece, nel “ciacolàre” dei personaggi minori diventa spesso manieristico, generico, antiquato. Feci un bel lavoro di ripulitura, in quel senso. Pensavo: adesso gli eredi mi ammazzano. Invece quando vennero allo spettacolo mi complimentarono soprattutto per i tagli e i piccoli ammodernamenti che avevo operato sul testo.

Mi trovai benissimo, come sempre,  con Eugenio Guglielminetti, che fece scene e costumi. Io ho molta ammirazione per Eugenio. Avevamo fatto insieme anche La Gioconda, di D’Annunzio. Eugenio conosce bene la mia struttura fisica, la mia corporeità scenica, e mi ha sempre fatto dei costumi che mi si addicono perfettamente. Mi sono sempre sentita bella, in scena, grazie a lui.

Come prima meglio di primaLa distribuzione era di tutto rispetto: Laura Carli, Mario Erpichini, Luigi Pistilli (che naturalmente entrò subiti in crisi con Erpichini), Lu Bianchi, Stefania Graziosi.

Io non ero male, credo, nella mia parte. La facevo con grande impegno e spesso anche con gioia. Ebbi, avemmo, un grande successo. E allora perché sono così tiepida nei confronti di questa mia nuova esperienza, la regìa? Per eccesso di  modestia o per eccesso di immotivata aspettativa nei confronti di me stessa? Giuro. Non lo so.

Questo spettacolo, comunque, segnò l’ingresso nella mia vita di uno straordinario personaggio: Mario Marchi. Lui e sua moglie Myria facevano, molto bene, due personaggi minori. Mario era anche Amministratore della compagnia.

Da quel momento Mario diventò il pilastro della mia vita teatrale. Per più di dieci anni mi ha accudito, curato, coccolato; ha guidato la mia macchina (troppo veloce. Se mi addormentavo approfittava per andare più forte e quando me ne accorgevo gli facevo un urlo che gli arrivava anche all’orecchio sordo). Mi prenotava gli alberghi. Quando andavo in un Residence mi faceva trovare frigo e dispensa pieni. Mi accompagnava al ristorante, mi portava dal medico, dal pedicure, a fare shopping  (una volta lo tenni due ore alla Pellicceria Annabella di Pavia. E in tutto quel kitsch azzurro e oro soffrì come una bestia). Ma anche in quel caso non perse quell’eterno, buffo, tenero,  sorriso negli occhi e sulle labbra che lo rendono unico.

Anche lui, naturalmente, è un melomane.  Ascoltavamo musica insieme. Lui predilige l’opera lirica, ha una bella voce e un ottimo orecchio (da ragazzino cantava nel coro del San Carlo di Napoli). Quando entrava nel mio camerino borbottava, scherzosamente, “Che palle, sempre questo Mozart!”. Però una volta che sull’autostrada Roma-Napoli misi un cd della Fantasia cromatica e fuga Ascolta la Fantasia cromatica e fuga di Bach di Bach,  si entusiasmò talmente, allo strepitoso crescendo della Fuga, che arrivò a toccare i 180 all’ora.

Ho lasciato per ultima la sua qualità a me più cara. Adora gli animali.

Lui e Myria, nella loro piccola casa di Genova, hanno sempre almeno tre cani e alcuni gatti. Quando recitavo a Genova Myria mi invitava spesso a cena e lì, sommersa da cani, gatti, VHS, CD, DVD, dischi, libri, fotografie, locandine, programmi di sala di vari spettacoli, passavo delle serate deliziose.

Inoltre Mario, per dieci anni, ha fatto da cuccia, da riparo, da “balia” a tutti i miei cani. Li portava ai giardinetti e gli tirava le pigne, per farli correre. Mi aiutava con le pappe, i veterinari, le medicine.

ShantyQuando Shanty, in tournée a Camerino, ebbe il primo accenno dell’infarto che poi lo avrebbe ucciso, io non potrò mai dimenticare il garbo, la delicatezza, la tenerezza con cui Mario se lo teneva in braccio per non farlo camminare e poi lo poggiava piano piano, con amore, su una piccola aiuola erbosa, per fargli fare pipì.

I due Foscari  - di Giuseppe Verdi -  Teatro R. di Parma –  Gennaio 1985.

Niente di cui mi possa vantare. La costumista e scenografa era la moglie di Renato Bruson, splendido protagonista dell’opera. Lei non accettava la minima ingerenza, da parte mia. E se a un regista d’opera, tra l’altro di un opera statica come questa, impedisci di occuparsi dell’aspetto visivo dello spettacolo, che altro gli resta?  Non potei fare altro che assistere, inorridita, a un susseguirsi di quadri uno più brutto dell’altro e di costumi che spaziavano, nei colori,  dal pistacchio al pesca, dall’albicocca al caffellatte. E proprio di color albicocca era vestito il grande Bruson, il Doge. Tiziano deve essersi rivoltato nella tomba per l’orrore.

In compenso creai un bellissimo rapporto con il maestro del coro, Adolfo Tanzi, e con tutti i coristi del Regio di Parma, che mi invitavano tutte le sere al loro circolo. Si scherzava, si cantava, si raccontavano aneddoti  musicali, si mangiava una mortadella divina e si bevevano quantità smodate di Lambrusco. Una sera, alzandomi dal tavolo, caddi rovinosamente per terra. Non mi ero resa conto di essere ubriaca fradicia.

Quanto mi piaceva quando mi chiamavano :  Maestro!  La prima volta che qualcuno alle mie spalle disse : “Maestro!”  io non mi voltai. Mai avrei immaginato che si rivolgessero a me.

Col vero Maestro della situazione, cioè col direttore d’orchestra Hubert Soudant, olandese, diventammo subito amici. Lui venne a vedermi in teatro a Roma. Io andai con Antonia a Vienna, nella stupenda sala dorata del Musikverein (dalla quale trasmettono i concerti di Capodanno), a sentirlo dirigere, benissimo, la VII di Beethoven. Poi fummo sue ospiti, per Pasqua, nella sua bella casa di Amsterdam, con sua moglie (ora ex) e i suoi figli. L’abbiamo rivisto di recente a Salisburgo dove dirige, da anni, i concerti del Mozarteum.

Alla stessa ora il prossimo anno  - di Bernard Slade -  1989
Che dire? Non mi viene niente. Andrea Giordana e Ivana Monti bravi, impegnati,  carini, con me molto affettuosi. Ebbe molto successo.

Credo di essere stata utile almeno in una cosa: aiutare Ivana, con la mia pluridecennale esperienza di attrice, a risolvere i “cambiamenti a vista”. Ne aveva molti,  e alcuni piuttosto complicati. Dai jeans al reggicalze, dalla palandrana hippy al bustino; metti le calze, togli le calze; e via parrucche, una dopo l’altra…

Conclusione di questo capitolo sulla regìa.
Farò mai altre regìe?  NO.

 
 
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