Anno 2005
 
 

Il 28 gennaio al Teatro Studio di Milano Anna dei pianoforti.  Ma di questo ho già parlato.

1 febbraio 2005  - a Bologna, all’Accademia Antoniana, su invito di Franco Gervasio, tenni una sorta di Seminario per gli studenti su Alfieri e in particolare su Mirra.

Avevo sempre declinato qualsiasi invito all’insegnamento. Avevo detto no a Gassman per la sua Bottega  di Firenze. No all’Accademia Silvio D’Amico, per citare le proposte che potevano essere più allettanti. Ritengo di non avere le qualità per trasmettere quel poco che so. Non possiedo un Metodo (forse perché non credo nei Metodi).

Io ho poche idee – “ma confuse”  - come diceva il grande Flajano. E fra queste alberga l’idea che l’arte, come la saggezza, come la bontà, come la generosità, non possa essere insegnata. Ciò che solo si può fare, forse, è tentare, maieuticamente, di estrarla dalla mente, dal cuore, dall’anima, dal grembo di chi richiede il tuo aiuto per esprimersi. La creaturina nascosta farà la sua apparizione, vedrà la luce, solo se già esisteva  nella persona che ti sta di fronte.
Con questo non nego l’utilità delle scuole di teatro, delle botteghe, nel senso rinascimentale del termine. Dove ti insegnano non il talento, e come potrebbero?, ma i mezzi per esplorare, conoscere, affinare, esercitare, raffinare le tue qualità innate. Ti insegnano a conoscere lo strumento che è già dentro di te. Ti insegnano ad amarlo e a rispettarlo.

Quei quattro giorni di seminario bolognese furono soddisfacenti, credo, per i ragazzi. Certo lo furono per me. Perché lavorai con loro su un testo e un autore che conoscevo bene. Non credo che in così poco tempo arrivai  ad insegnare loro qualcosa, ma sono sicura di essere riuscita almeno ad infiammarli sulla bellezza dell’esplorazione poetica.

Marzo 2005  - Il Teatro di Roma, per bocca prima di Albertazzi e poi di Ronconi,  mi propose una scrittura per Diario privato di Paul Léautaud, adattamento di Raffaele La Capria.

Rimasi interdetta. L’autunno dell’anno precedente avevo letto il “Cartellone” del Teatro di Roma. Il mio nome non compariva. Quello di Valeria Moriconi due volte: per Spettri , regìa di Castri, e per Diario privato, regìa di Ronconi. Confesso che ero rimasta un po’ male. Albertazzi non si era fatto mai più vivo.

E adesso che la Moriconi era malata (loro si guardarono bene dal dirmelo, ma io lo sapevo) venivano a offrirmi questo ruolo di Anne Cayssac, detta “il flagello”, esibendo la loro più sviscerata ammirazione per me, dicendo che io era l’attrice perfetta per quel personaggio, che era impensabile metter su lo spettacolo senza di me, che entrambi anelavano a una collaborazione con me….ecc. Che ipocriti!
Io ebbi per un attimo la tentazione di mandarli al diavolo tutti e due. In fondo mi sentivo anche un po’ offesa.
Poi….poi la coscienza della buffonerìa insita in tutta la gente dello spettacolo, me compresa, s’intende, ebbe il sopravvento. Accettai.

Diario PrivatoMi comportai bene, però, con la classe di una “vera signora”. Non recriminai mai per il fatto di essere stata chiamata ”in seconda battuta”. Non me ne lamentai mai, né con Giorgio né con Luca.  Non ne approfittai economicamente. E avrei potuto; a quel punto avevano veramente bisogno di me, insomma di un attrice della mia età, del mio peso, della mia esperienza, intendo. E non se ne trovano moltissime.E in più il mio antico e ben noto rapporto con Albertazzi poteva forse aggiungere un po’ di pepe a tutta la storia.

Cominciò il lungo viaggio di Diario privato.  Il primo periodo di prove doveva essere a Milano, perché Luca aveva ancora impegni col Piccolo.
Prenotai il più raffinatoesclusivo, costoso, pretenzioso Residence di Milano. In via Santo Spirito, a un passo da via Montenapoleone , via Sant’Andrea, via della Spiga. Gran lusso. Volevo oscuramente ripagarmi per esser venuta meno alla mia decisione di non fare più Compagnia. Avrei dovuto punirmi, invece, ma la coscienza etica degli attori è tutto fuorché affidabile.

4 aprile 2005  - Milano.  Prima lettura di Diario privato al Teatro Strehler – sala Carpi –VI piano. Ore: 16.30. Tutto bene, naturalmente. Aria idilliaca, come sempre agli inizi delle Compagnie. Grandi sorrisi. Grandi baci sulle guance con tutti . “Ci diamo del tu, vero?”

Stesso giorno: ore 24. Nel salotto del mio raffinatissimo Residence  appoggio il copione su un prezioso trumeau e il ripiano mobile di questo, pesantissimo, evidentemente male agganciato, scivola in avanti e precipita rovinosamente, di taglio, sulla mia caviglia sinistra. Mezzo centimetro più in là e mi avrebbe frantumato la tibia. Insomma, m’è andata anche bene. Un lago di sangue. Chiamato il 118.  In ambulanza al Pronto Soccorso. Niente frattura, pare, ma ferita lacero-contusa molto profonda. Antitetanica, tanto per non correre rischi. Mi danno 15 giorni, rinnovabili, di riposo.

Lu BianchiIl giorno dopo, naturalmente, ero alle prove. Con un enorme tampone per il sangue che continuava a uscire, la gamba gonfissima e un accidenti di dolore. La mia dolce amica ed ex compagna di teatro Lu Bianchi venne al Residence, mi aiutò come poteva, mi mandò un suo caro amico medico, Leo Gallo, che diventò subito anche amico mio, impossibile resistere alla sua simpatia. Leo è ginecologo, con le ferite lacero-contuse non c’entra niente, però è un bravissimo medico e mi fu prezioso, in quei giorni.

Le prove proseguirono. Io la notte non dormivo per il dolore e per la costrizione di stare sempre supina.

16 aprile 2005  - Si torna a Roma. Si prova alla De Paolis. Gamba sempre malissimo. Impensabile guidare. Taxi inaffidabili. Prenoto una macchina con autista che mi porti alle prove e mi riporti a casa.

Il mio vicino di casa Agostino Zaffiro, chirurgo che aveva operato egregiamente Antonia dieci anni fa, viene ogni giorno a farmi delle medicazioni che dire dolorose è poco. Ogni tanto tiro giù dei mòccoli che mi spedirebbero dritto all’inferno, se ci fosse. Quando Agostino non può venire manda un infermiere di sua fiducia, Leonida, che sembra un personaggio uscito da un film comico neorealista del ’47. Un misto fra Fabrizi e Tina Pica. Ha una grande pancia. Sbanfa, suda. Parla ininterrottamente, con una vociaccia ingolata. Non ha la manina leggera di Ago, però è bravo.

Mi dilungo su questa sceneggiata del mio incidente, perché non ho molto da dire sulle prove. Va tutto nel migliore dei modi. Luca è angelico, spiritoso,  gentile, possibilista , il contrario del dittatore di cui si vocifera. Giorgio dice: “Sì, sì, certo, giusto!”  a ogni proposta di Luca.

Abbiamo qualche problema tecnico coi movimenti delle poltrone telecomandate, ma lo risolveremo. Io ho una certa difficoltà a imparare a memoria queste battute. Colpa dell’età? o della traduzione? Non certo del contesto osceno che, inspiegabilmente, non mi crea nessun imbarazzo. Una delle mie primissime battute suona: “L’altro giorno una mia amica non più giovanissima, mi raccontava che si è accorta che il marito la tradisce con una giovane impiegata. Allora lei ha affrontato il marito e gli ha chiesto perché  avesse perso la testa per quella ragazza. “Perché,  mia cara” le ha risposto lui “lei mi succhia il cazzo molto meglio di te.”
Ebbene, io spiattello la mia battuta senza il minimo imbarazzo. Che io sia una svergognata?

26 aprile 2005.  Dalla De Paolis, dove proviamo, vado direttamente in clinica, alla Paideia. Mi fanno un’anestesia totale, ma leggera. Agostino ha deciso che se non toglie un po’ di carne necrotica da questa ferita, non guarirò mai. E infatti  trova  che la safena, la vena che corre lungo la gamba, è schiacciata in due punti. Ne taglia un pezzo e con un bel ricamino me la ricuce. Toglie tutta la carne morta, un bel tampone e via a casa.

Il giorno dopo riposo per tutti. Poi si ricomincia. Io, malgrado tutto, sto meglio. E se non fosse per le quotidiane, bestiali, medicazioni di Leonida direi che il peggio è passato.

12 maggio 2005 – Debutto a Roma di Diario privato. All’Argentina, pubblico delle grandi occasioni e tutta l’intellighenzia romana. Arbasino, Siciliano, Augias….Reazioni molto calorose, risate, applausi. Un grandissimo successo.
Alle repliche reazioni più tiepide, soprattutto alle diurne, dove le brave signore borghesi al primo “cazzo” che sentono volare nell’aria si irrigidiscono visibilmente. Poi magari si divertono, ma cercano di non farlo vedere.

Critiche quasi tutte osannanti.

5 settembre 2005 – Roma – Parco della Musica. Sala Santa Cecilia. Altra bella avventura con i miei musici . Inaugurazione del K Festival. Festival Mozartiano. K come Köchl,  Ludwig Köchl, musicologo austriaco che nell’ 800 fece un importante catalogo, ordinato cronologicamente, di tutte le opere di Mozart.

Le composizioni di Mozart furono ben 626, un numero immenso se si pensa che Mozart morì a  35 anni. Ma era stato molto precoce e aveva solo otto anni quando a Londra scrisse due sinfonie, che sono catalogate come K.16 e K.19.  Numeri più piccoli riguardano alcuni minuetti che scrisse a cinque anni!  La famosa sinfonia in do magg. detta Jupiter Ascolta la sinfonia K551, invece, scritta da Mozart a 32 anni,  porta il numero di catalogo K. 551.
Quella prima serata era dedicata al Don Giovanni. Io lessi delle testimonianze di Mozart stesso, poi di Lorenzo da Ponte, librettista dell’opera; poi, con Antonio Sardi de Letto al pianoforte, lessi, sempre in forma di melologo, questa volta con solo musiche mozartiane, un  delizioso racconto di Catulle Mendès: Don Giovanni in Paradiso.

Anche questa bellissima serata nacque da un lavoro d’équipe, e rafforzò in noi la gioia di lavorare insieme e la volontà di continuare.

Anna e Eugenio Montale22 settembre 2005  - A Trento per un “Omaggio a Luzi”, poeta che non avevo mai amato in modo particolare. Questa volta, studiandolo un po’ a fondo per prepararmi alla lettura trentina, mi affascinò parecchio.
Certo che se facciamo il “gioco della torre” e mi chiedete chi butterei giù, Luzi o Montale, temo proprio che il povero Luzi farebbe un bel capitombolo.

20 ottobre 2005 , ripreso all’Argentina , nell’ambito del Festival dei Teatri d’Europa,  Diario privato. Solo quattro repliche. E poi….via in tournée!

Ero preoccupata, spaventata, ipocondriaca, di pessimo umore. In tanta angoscia, ebbi una grande fortuna. L’amministratore della Compagnia, Marco Lupi, era una persona stupenda. Per un anno mi fece da stampella, fisica e psicologica. Da quando, a Milano, avevo avuto quell’orribile ferita alla gamba, mi aiutava, mi accompagnava, mi sorreggeva.

Sopportava i miei malumori, ascoltava con attenzione autentica le mie chiacchiere, mi dava preziose lezioni d’informatica (col computer è un asso), mi accompagnava all’albergo o al Residence dopo lo spettacolo, ai giardinetti con Lulù. Mi guardava fisso con quei suoi bellissimi occhi frangiati di incredibili ciglia (ma perché noi donne non le abbiamo mai delle ciglia così?), e in un attimo capiva se ero stanca, se avevo freddo, se un’ombra stava passando a offuscare il mio umore. Mi toglieva dalle mani qualsiasi pacchetto, anche minuscolo, e mi offriva il suo braccio. Io mi aggrappavo a quel forte, virile, giovane braccio con gratitudine, e con la certezza che vicino a lui niente di male mi potesse accadere.

La qualità più bella di Marco? Riusciva a fare tutto questo senza l’ombra del “cicisbeismo” che inquina quasi sempre i modi di un uomo quando è attento, premuroso e servizievole nei confronti di una donna.

Caro Marco. E’ stato, in un anno per me difficile, una roccia, un punto di riferimento costante e insieme, per il suo calore affettuoso, la mia stupenda “copertina di Linus”.

Quella veramente felice era Lulù. Poverina, sola in casa con me si annoia. In tournée, invece, viaggi, alberghi, camerini, passeggiate, ristoranti, gente nuova con cui può  sfogare tutta la sua naturale cordialità e il suo insopprimibile  “mignottismo”….chi più radiosa di lei?

I teatri erano sempre esauriti. Il pubblico sempre più gelido, man mano che si andava al Sud. Salerno, Napoli, Catania. Poi venivano in camerino entusiasti e ti dicevano quanto si erano divertiti. Come sempre, come sempre. Che profondissima noia. Poi, pausa, per Natale e Capodanno.

 
 
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